“Dove dormiamo questa notte?” chiedo a Davide mentre si sta rollando una sigaretta. Vi è mai capitato di non avere una risposta a questa domanda mentre viaggiate? Tante persone, quando viaggiano, preferiscono non rinunciare mai alle piccole comodità della vita di tutti i giorni. Mangiare in un ristorante, un posto in prima classe, un letto d’hotel sono tutte piccole repliche della vita che tutti i giorni viviamo nelle nostre città. Ognuno a modo rimane attaccato a quella che è la realtà cittadina alla quale siamo abituati e che ci rassicura. Certi viaggi, però, sono diversi. Certe notti, le migliori, riesci ad allontanarti da tutto. Da dentro alla stessa tenda, riesci a vedere ogni notte un cielo diverso, un tramonto diverso e una stellata diversa.
“Direi che questa notte piantiamo la tenda a Kvalvika beach, dicono valga la pena” mi risponde Davide accendendosi la sigaretta e guardando l’oceano.
È mattina, ma sulle isole Lofoten sembra già mezzogiorno. Abbiamo appena finito di smontare la tenda e caricarla sulla macchina e chiacchieriamo mentre aspettiamo che i nostri due compagni di viaggio facciano altrettanto. La sera prima, in traghetto, siamo arrivati su queste isole al largo delle coste norvegesi e, distratti da un eterno tramonto, abbiamo piantato la tenda nel primo campeggio disponibile. Erano le undici di sera…come è possibile che stesse tramontando alle undici di sera? Eravamo finalmente giunti alla fine del mondo, nel circolo polare artico.
Partiamo con la macchina carica come sempre e, guidando, non possiamo fare a meno di sgranare gli occhi. Le isole Lofoten sono il nord che ti raccontano nelle favole quando sei piccolo, quello dei romanzi fantasy e dei telefilm. Il paesaggio sembra dipinto a pastelli e il blu del cielo è talmente intenso che fatichi a considerarlo realtà. Quel giorno anche il tempo è clemente, considerando che in Norvegia il sole ha una personalità molto più timida, e in cielo non vediamo neanche una nuvola.
La giornata passa, tra un trekking mozzafiato e un bagno nelle gelide acque del mar glaciale artico, e, come ogni altro giorno di viaggio, si arriva a quel momento della giornata in cui bisogna pensare a una risposta alla domanda con la quale ho iniziato il racconto. Abbiamo letto della spiaggia di Kvalvika su qualche blog o brochure di nicchia. Si tratta di una spiaggia in una parte remota di Moskenesøya, isola tra le più piccole delle Lofoten, ed è raggiungibile solo a piedi, con un lungo trekking. Alla base del sentiero, prepariamo gli zaini e, mentre il sole inizia lentamente a calare, iniziamo a camminare.
Quando giungiamo alla gola che conduce alla spiaggia, ci dirigiamo al punto più pianeggiante e piantiamo, lottando contro un freddo vento, le tende per la notte. Quella conca e quella spiaggia sono diventate, con poche rapide mosse, la nostra cucina e il nostro salotto per quella notte. Mentre cuciniamo, non possiamo fare a meno di fissare il mare ed il sole, che occupano quasi tutto il campo visivo.
Il sole è grande e, forse per la stanchezza, lo percepisco estremamente vicino. Allo stesso tempo l’orizzonte assume una sostanza strana, sembra quasi che il cielo e il mare si fondano tra di loro, come se tutto finisse lì e oltre vi fosse solo il nulla. In quel momento sento che una sensazione strana mi pervade, come se mi avvolgesse le spalle. È una sensazione particolare perché la mia ammirazione per quel paesaggio arriva quasi a generare una sorta di timore, di paura. Forse è questo che intendevano i letterati dell’Ottocento con l’aggettivo romantico.
Poi arriva il tramonto, forse il più bello che abbia mai visto, ma sicuramente il più lungo e intenso. L’orizzonte prende fuoco e lentamente si spegne, lasciando posto a una leggera luce crepuscolare, che ci accompagna per il resto della notte.
Alla mattina, al risveglio, per un attimo, penso di essere stato trasportato nella notte da un’altra parte. Ci svegliamo per l’umidità, con una leggera pioggia che bussa e ci ricorda che dobbiamo riprendere il viaggio. Fuori, la conca è coperta da una nuvola grigia e bassa, che cambia completamente i colori e l’atmosfera del luogo in cui eravamo arrivati la sera prima. Rimandiamo la colazione a orario da destinarsi, smontiamo le tende impregnate d’acqua, carichiamo lo zaino in spalla e ripartiamo, verso un nuovo orizzonte.
Una volta un ragazzo di nome Chris McCandless scriveva queste parole in una lettera a un suo amico “la gioia della vita deriva dai nostri incontri e dalle nuove esperienze, pertanto non c’è gioia più grande di avere un orizzonte costantemente diverso, vedere ogni giorno un sole nuovo e differente”. In questo viaggio verso nord è quello che abbiamo fatto ogni giorno, aprendo l’uscio della nostra tenda ogni giorno a un’alba differente.
Non dico che sia sbagliato pianificare il proprio viaggio, io stesso lo faccio spesso, per comodità o per risparmiare, ma, a volte, il poter scegliere ogni giorno dove avere il tuo tetto, dove cenare e dove dormire racchiude l’essenza del viaggio stesso. Durante quella mattinata, dopo diversi chilometri di strada, ci siamo fermati a fare colazione e, rientrando in macchina, ho fatto a Davide la solita domanda: “dove dormiamo questa notte?”. Lui mi ha guardato, ha acceso l’auto e siamo ripartiti in direzione Capo Nord, ma questa… è un’altra storia.