Considerata città di passaggio e snobbata dai turisti diretti alle mete più rinomate della sua provincia come Taormina o le isole Eolie, Messina ha un passato glorioso e vanta numerosi primati.
È il primo porto italiano per trasporto di persone, con un traffico annuo di oltre 10 milioni di passeggeri; nel XVII secolo contava 120mila abitanti ed era tra le dieci città più popolose d’Europa, per la sua ricchezza contendeva a Palermo il titolo di capitale del Regno di Sicilia.
La sua Fiera Internazionale (chiusa dal 2013) fu istituita nel 1296 da Federico II di Svevia ed era una delle più antiche del mondo.
L’Università degli Studi, nata nel 1547 come secondo Collegio della Compagnia di Gesù, su impulso dello stesso Ignazio di Loyola, fu il primo in Italia dove i gesuiti impartivano anche l’insegnamento e per quattro anni (dal 1898) contò tra i professori di Letteratura latina Giovanni Pascoli.
L’organo all’interno del suo duomo è il secondo più grande d’Italia (dopo quello del duomo di Milano) e il terzo in Europa (il primo è quello della cattedrale di Passau in Germania).
Il campanile ha l’orologio astronomico più grande al mondo.
Domini, terremoti e bombardamenti
Ma dei primati e del passato di Messina oggi resta ben poco e quel poco non è certo valorizzato.
Quattro terremoti (1638, 1693, 1783 e 1908) e i bombardamenti della seconda guerra mondiale hanno cancellato quasi tutti i monumenti e le opere d’arte che nei secoli i popoli invasori le avevano lasciato. I primi furono, intorno al 500 aC, coloni greci della Messenia (regione meridionale del Peloponneso), che occuparono un antico insediamento che gli indigeni siculi chiamavano Zancle (falce) per la forma a mezzaluna della sua costa.
Presto arrivarono i contrasti con altre colonie greche, quelle di Siracusa e di Reghion (l’attuale Reggio Calabria), poi i cartaginesi e i romani, che trasformarono il nome da Messena a Messina e la resero una florida città e porto strategico.
Con la caduta dell’Impero fu preda dei goti, dei bizantini, e dal 843 degli arabi, scacciati poco dopo l’anno mille dai normanni. Gli “uomini del Nord” e la loro discendenza sveva fecero rifiorire i commerci ma il massimo splendore messinese arrivò tra il 1500 e il 1600 con la dominazione spagnola degli aragonesi, che seguì quella francese degli Angioini, finita nel 1282 con la rivolta dei Vespri siciliani.
Gli aragonesi fondarono l’Università e potenziarono l’arsenale militare del porto. Messina divenne una delle piazze più ricche del Mediterraneo. Poi iniziò il declino. Scandite dalle catastrofi sismiche si susseguirono le amministrazioni asburgiche e borboniche, garibaldine e piemontesi fino a quella anglo-americana dell’ultimo dopoguerra.
Cosa vedere oggi
Non è facile, passeggiando per il centro di Messina, ricercare tracce antiche.
Con un po’ di fortuna (le indicazioni non sono molte) potrete trovare alcune pregevoli fontane come quella dei Nettuno e di Orione (opere di Giovanni Angelo Montorsoli, 1507-1563) e la semplice ed elegante Fontana della Pigna; oppure scorgere tra i rami degli alberi il monumentale portale del Collegio gesuita e poco lontani dall’Università i resti dell’antica chiesa greca di Santa Maria del Graffeo, inglobati in un palazzo al civico 171 di via Primo settembre. Meritano una visita anche altre due chiese risparmiate dai terremoti: quella di San Tommaso il Vecchio (del 1531, in stile arabo normanno) e l’Annunziata dei catalani, parzialmente interrata in via Garibaldi, in stile bizantino, con influenze arabe e normanne.
Da non perdere infine il duomo e lo spettacolo offerto dal suo campanile tutti i giorni allo scoccare delle 12, quando si mette in moto un complesso meccanismo di suoni e figure animate. Così come merita un’attenta osservazione l’orologio astronomico e l’interno della cattedrale.
Il duomo e il suo campanile
Così come per la città, anche quella del duomo di Messina è una storia di continui eventi disastrosi.
Nasce come tempio cristiano intorno al 530 e con l’invasione araba viene trasformata in moschea. Dopo la liberazione dell’isola da parte dei bizantini e dei normanni (1038) iniziarono i lavori per la riconversione. Ultimata la costruzione verso il 1150, la chiesa fu consacrata sotto gli Svevi, il 22 settembre 1197, alla presenza dell’imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, e di sua moglie, la regina Costanza, ultima principessa normanna che portò in dote il Regno di Sicilia.
Nel 1254, mentre si svolgevano i funerali di Corrado IV (nipote di Enrico VI), un violento incendio (provocato da troppi ceri accesi) la distrusse quasi completamente. Nel 1300 cominciò una lenta ricostruzione che terminò nel 1500.
Alla semplicità stilistica originale (romanico) vennero aggiunti vari elementi decorativi come i mosaici, le decorazioni del soffitto, i portali, il rivestimento in marmo della facciata e l’imponente complesso dell’Apostolato (gli altari laterali), realizzato da uno dei discepoli di Michelangelo Buonarroti, Angelo Montorsoli che realizzò anche la fontana di Orione all’esterno del duomo.
Sotto la dominazione spagnola nel 1558 un fulmine distrusse parte del campanile e i terremoti del 1638 e del 1693 fecero crollare il tetto e una delle navate principali. Restaurata secondo canoni barocchi con sovrabbondanza di stucchi, altarini, festoni e putti, la chiesa venne nuovamente danneggiata da un altro terremoto nel 1783. I nuovi lavori di ripristino compresero il rifacimento della navata centrale e l’abbattimento del campanile, che fu sostituito da due torri laterali in stile neogotico.
La distruzione completa del duomo e di quasi tutti gli edifici pubblici della città arrivò il 28 dicembre 1908, con il sisma più catastrofico avvenuto in Europa.
Messina, che allora aveva 147 mila abitanti contò quasi 70 mila morti e il crollo del 90% delle case. La ricostruzione cominciò durante gli anni venti e ridiede al duomo l’aspetto originario, quello precedente all’intervento barocco.
Gran parte delle opere d’arte furono recuperate e l’Arcivescovo dell’epoca Monsignor Angelo Paino, diede incarico ai fratelli Ungerer di Strasburgo (allievi di Giovan Battista Schwilguè, autore dello splendido orologio della cattedrale di Notre-Dame nella città alsaziana che sarebbe diventata la sede del Parlamento europeo) di costruire per il campanile un grande orologio meccanico e astronomico che raccontasse la storia civile e religiosa di Messina.
Il complesso meccanismo fu inaugurato il 13 agosto 1933 e fortunosamente fu risparmiato dall’ultima distruzione subita dal duomo nel giugno del 1943, quando Messina fu bombardata dagli anglo-americani. Il fuoco, provocato dagli ordigni incendiari danneggiò gran parte delle opere all’interno della cattedrale. Al termine della guerra si riavviarono i lavori di ricostruzione. Alcune opere furono restaurate, delle statue e dei marmi completamente distrutti vennero eseguite pregevoli copie e la chiesa riaprì nell’agosto del 1947.
Le figure animate e l’orologio
Progettato dall’architetto Francesco Valenti, sul modello della torre preesistente del 1500, il campanile è alto 60 metri e ha una sommità composta da una cuspide quadrangolare, attorniata da altre quattro cuspidi più basse, che racchiudono i quattro quadranti delle ore (dal diametro di 2.40 metri), uno per ogni lato, e una rientranza che diventa un terrazzino belvedere aperto al pubblico.
Sotto gli orologi seguono in successione sette aperture sovrapposte di diverse forme e dimensioni, che fanno da proscenio a una rappresentazione quasi teatrale di 54 attori-automi.
Quella più alta è un doppio arco con al centro un leone alto quattro metri, in bronzo dorato (simbolo della provincia di Messina e della forza), che allo scoccare del mezzogiorno, agita la bandiera, muove la coda, rivolge il capo verso la piazza e ruggisce per tre volte consecutive.
Sotto al leone si aprono altri due archi contenenti le campane, che vengono battute (ogni ora e ogni quarto) grazie alla rotazione di due statue in bronzo alte tre metri raffiguranti Dina e Clarenza, poste ai lati delle campane.
Sono le due eroine che difesero la città durante la guerra dei Vespri Siciliani nell’agosto del 1282. Le truppe angioine che assediavano la città tentarono un assalto notturno e le due donne messinesi, a guardia dei bastioni per far riposare gli uomini stremati dalle continue battaglie, diedero l’allarme suonando le campane e lanciando pietre contro gli assalitori.
Al centro, tra le due eroine, c’è un gallo, alto 2.20 metri e simbolo del risveglio, che dopo il ruggito del leone batte le ali, solleva la testa e canta chicchirichì per tre volte.
Nel piano del gallo si conserva il cuore dell’orologio, un complesso sistema a orologeria con contrappesi, leve e ingranaggi, che governa tutti i movimenti.
Sotto al gallo si apre un balcone con un baldacchino in cui viene raffigurata la storia della Madonna della Lettera, patrona della città di Messina. Secondo la tradizione alcuni ambasciatori di Messina nell’anno 42 dC.
Accompagnarono San Paolo a Gerusalemme per rendere omaggio alla Madonna, ancora vivente. Per ringraziarli la Vergine diede agli ambasciatori una lettera, destinata al popolo messinese, in cui prometteva la sua eterna protezione alla città. La frase finale della lettera, “Vos et ipsam civitatem benedicimus“, è ancor oggi riportata sul basamento della Madonnina del Porto.
Dopo il canto del gallo prende vita la scena nel riquadro sottostante. Un angelo porta la lettera a Maria, che a sua volta la consegna a San Paolo e ai quattro ambasciatori messinesi che lo seguono. Ciascun personaggio s’inchina sfilando davanti alla Madonna.
Poi parte il movimento nella finestra sottostante che racconta alcuni episodi della Bibbia. Il tema varia in relazione al calendario liturgico.
Da Natale all’Epifania si rappresenta l’adorazione dei pastori, che sfilano e si inchinano davanti a Gesù bambino, la Madonna e San Giuseppe; dall’Epifania a Pasqua davanti alla Madonna che tiene in braccio il Bambino si inchinano i Re Magi, accompagnati da valletti e guidati dalla stella cometa; Da Pasqua a Pentecoste viene ricordata la Resurrezione, con due soldati che stanno a guardia del sepolcro, dal quale si alza Gesù.
Da Pentecoste a Natale viene rappresentata la discesa dello Spirito Santo. I dodici apostoli, sono nel cenacolo intorno alla Madonna. Una colomba, simbolo dello Spirito Santo, vola sopra gli apostoli; sulle loro teste appaiono delle fiammelle mentre alzano in alto le braccia.
Completata la scena biblica si avvia il movimento nel riquadro sottostante e contemporaneamente si diffonde il suono dell’Ave Maria di Schubert. Una colomba disegna in volo un cerchio e subito dopo dalla roccia emerge la Chiesa di Montalto, la cui sagoma è riconoscibile spostando lo sguardo dal campanile alla collina a sinistra che domina la città. Secondo la tradizione la chiesa sarebbe stata costruita nel luogo indicato da una colomba inviata dalla Madonna.
Le ultime due finestre sono accostate tra loro in altezza. In quella superiore è rappresentato il carosello delle età ed è formato da quattro statue a grandezza naturale raffiguranti le fasi della vita, l’infanzia (un bambino), la giovinezza (un ragazzo), la maturità (un guerriero), la vecchiaia (un vecchio). I personaggi ruotano attorno a uno scheletro che muove una falce (raffigurazione della morte) e si portano al centro della scena ogni quarto d’ora.
Nel riquadro inferiore (il carosello dei giorni della settimana) ciascun giorno è rappresentato da una divinità pagana, portata in trionfo da un carro, trainato da un animale diverso. Ogni carro cambia a mezzanotte.
La domenica il carro è tirato da un cavallo e guidato da Apollo, il lunedì da un cervo e da Diana, il martedì da un cavallo e da Marte, il mercoledì da una pantera e da Mercurio, il giovedì da una chimera e da Giove, il venerdì da una colomba e da Venere e infine il sabato da una chimera e da Saturno.
Il lato del campanile che guarda verso la facciata della Cattedrale, raccoglie in tre riquadri la parte astronomica.
All’altezza corrispondente alla scena della Madonna della lettera, è stata collocato tra due finestre un globo dal diametro di 120 centimetri (la luna). E’ suddiviso in due emisferi, uno dorato, l’altro nero; in modo da mostrare alternativamente le due facce in perfetta sincronia con i movimenti e le conseguenti fasi lunari. La luna ruota intorno al proprio asse e compie un giro completo in 29 giorni, 12 ore, 44 minuti, 3 secondi.
Allo stesso livello della rappresentazione delle scene bibliche è stato posto il planetario con la raffigurazione del sistema solare. Al centro il sole e attorno i nove pianeti, collocati a distanza proporzionale a quella reale, che gli ruotano intorno. Anche i tempi di rotazione dei vari pianeti sono in sincronia a quelli reali.
In sincronia con il carosello dei giorni che ruota alla stessa altezza sul lato affiancato, si muove anche il calendario perpetuo, rappresentato da un grande disco di tre metri e mezzo di diametro, dove sono segnati i giorni, i mesi, gli anni e le feste mobili. Sul lato sinistro del cerchio, un angelo in marmo indica con una freccia il giorno. Il cambio della data avviene automaticamente allo scoccare della mezzanotte.
Allo spettacolo offerto dal campanile si può assistere liberamente dalla piazza. Tutti i giorni, allo scoccare di mezzogiorno, per una durata di 12 minuti, si muovono in successione cinque delle scene rappresentate nei sette riquadri.
Durante la giornata, ogni quarto d’ora si muovono le sue statue a lato del gallo battendo le campane. Più lenti i movimenti nel carosello dei giorno dove il cambio di scena avviene con una rotazione completa che dura 24 ore, mentre nella rappresentazione degli episodi biblici la rotazione avviene alla vigilia degli eventi corrispondenti (Natale, Epifania, Pasqua e Pentecoste).
Il Campanile è visitabile anche all’interno (informazione orari di apertura sul sito http://www.messinarte.it/), Lungo il percorso delle scale, è possibile ammirare le statue in bronzo e il complesso sistema di leve e ingranaggi che consente il movimento dell’orologio.