“Centatim volitant formicae ad Virginis aram quo que illam voliant vistmae tatque cadunt.”
Ansiose volano le formiche all’altare della Vergine, pur sapendo che ai suoi piedi moriranno. Così recita il distico sotto una statua della Vergine di un santuario tra i più particolari del centro Italia.
Tra Monterenzio e Zena, in provincia di Bologna, 638 m sul livello del mare e circondato da boschi che vanno cambiando i loro colori, a settembre – ritualmente l’8 – si tiene un fenomeno che ha del soprannaturale.
Ogni anno sciami di migliaia di esemplari di Myrmica scabrinodis si recano sul monte del santuario per morire.
Il nome scientifico identifica una categoria di formiche volanti che per gli entomologi è largamente diffusa in Europa e nel Nord America. Gli insetti arrivano a settembre da tutto il Centro Europa e qui si incontrano e si accoppiano.
Dopodiché i maschi compiono l’ultimo viaggio, il cosiddetto “volo nuziale” e nel monte che divide a strapiombo la Val d’Indice e la Val di Zena si recano per morire.
Se un’invasione di cavallette può distruggere un raccolto che sfama migliaia di persone, tanto da essere diventata famosa come piaga d’Egitto, il fenomeno dei cadaveri delle formiche ha assunto da sempre un significato di rinnovamento tanto da ispirare miti pagani e successivamente cristiani.
Le prime testimonianze di una chiesa cristiana, conosciuta come Santa Maria Barbarese risale al 1048 e nel 1400 si fa riferimento per la prima volta a Santa Maria Formicarum e al fenomeno degli sciami di formiche.
La chiesa attuale che si può ammirare venne ricostruita tre volte e l’attuale costruzione risale al 1957, su disegno dell’architetto Gaetano Marchetti, dopo la devastazione dell’ultima guerra.
Ogni anno in occasione dell’8 settembre si tengono diverse manifestazioni in onore della Madonna protettrice delle tre vallate. La più importante è sicuramente la processione nel bosco che risalendo le pendici del monte porta fino al santuario. All’arrivo vengono stesi dei teli bianchi fuori dalla chiesa per raccogliere le piccolissime salme.
Il fenomeno ha ispirato la mitologia pagana e si è poi fuso con la fenomenologia cristiana.
Qualche residuo degli antichi credi è sicuramente rimasto: i cadaveri delle formiche vengono conservati come benedizione per la casa e casalingo rimedio per eventuali dolori come emicrania, mal di stomaco e mal di denti – effetto probabilmente raggiunto grazie all’acido formico, uno dei più semplici acidi organici.
Gli anziani del posto raccontano come ai loro tempi gli sciami fossero così numerosi e consistenti da oscurare il cielo e, come se il tempo si fosse fermato, lo ricordano ai bambini che si preparano ad assistono incantati al ripetersi del fenomeno.
A fare da sfondo a questo particolare evento naturale, non del tutto spiegato scientificamente, si ergono i meravigliosi colli bolognesi, famosi per i loro colori in autunno e i rilievi movimentati. Per chi non si accontentasse di una singola gita, un trekking di circa quattro ore partendo da Zena sicuramente è un’occasione da non perdere. Passando dal castello di Zena, dalla torre degli Ereddi, costruzione del XIV secolo fino ad arrivare ad ammirare il panorama dal Monte delle Formiche.
Per i più curiosi ci si può fermare anche a Tazzola, a visitare il Museo dei botroidi, conglomerati di sabbia che assumono forme tanto imprevedibili quanto fantasiose.
E per concludere qualsiasi gita bolognese che si rispetti, un pranzo all’osteria non può che essere la degna conclusione della giornata.
Nessun luogo conosciuto unisce entomologia, morte e rinnovamento in uno spettacolo naturale così unico, soprattutto nei primi mesi dell’autunno, come questo piccolo monte a pochi chilometri dal capoluogo bolognese, una gita davvero imperdibile.