Conosco una città
che ogni giorno s’empie di sole
e tutto è rapito in quel momento
Me ne sono andato una sera
Nel cuore durava il limio delle cicale
Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell’aria torbida
sospesi.
Ungaretti parlava della sua Alessandria d’Egitto, non verrebbe difficile però immaginare le stesse parole dense di nostalgia impresse sulla bocca di un altro uomo che, anche se in circostanze del tutto diverse, ha dovuto dire addio al proprio luogo del cuore. Si tratta di Mario Bagno e anche la sua città, Consonno, è rivestita in qualche modo, come Alessandria d’Egitto, da un alone di magia. Se vi dicessero che, poco distante dal lago di Lecco, potete visitare una città fantasma probabilmente molti di voi non ci crederebbero. Eppure è così. Questa città è proprio Consonno. Non si tratta del luogo natale di Bagno, la relazione è in qualche modo ribaltata, è infatti quest’uomo, un imprenditore piemontese trapiantato a Milano, che ha cercato di ridare vita in un modo piuttosto stravagante a quella che era una piccola realtà di contadini e artigiani. Sopra il sogno però, come a volte accade, è franata la triste realtà dei fatti. Ma andiamo con ordine.
Consonno è una piccola frazione della provincia di Lecco, la cui esistenza risulta già attestata in carte notarili risalenti alla fine del II secolo. La sua è una storia di continui cambiamenti, a cominciare dalla propria provincia che vede mutare diverse volte nel corso dei secoli. La costante nella storia di questo paesino sono le piccole dimensioni e il ridotto numero di abitanti, destinato a diminuire ulteriormente riducendosi a una cinquantina di abitanti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fino alla metà del 1900, nonostante la bassissima densità di popolazione, Consonno riesce comunque a vivere grazie alle attività locali dei piccoli agricoltori e artigiani. Tutto sembra abbastanza tranquillo fino a quando la sua esistenza, allora silenziosa e poco conosciuta, incrocia quella ben più bizzarra e rumorosa di Mario Bagno.
L’impresa Bagno e la costruzione della città
Bagno possiede un’impresa che si occupa principalmente di grandi infrastrutture come strade, aeroporti e altri servizi dello stesso genere. L’uomo resta affascinato dalla piccola realtà rurale di quel luogo sperduto nella campagna leccese e decide di costruire una via che colleghi Consonno alla più conosciuta Olginate. Fattosi approvare il progetto da parte del comune e realizzata la via di comunicazione, Bagno la dona al comune stesso. L’anno successivo, nel 1962, l’imprenditore riesce a comprare l’intero paesino, per circa 22 milioni e mezzo di lire, dalle due famiglie che lo hanno posseduto fino a quel momento. I suoi progetti sono piuttosto chiari fin da subito nella loro estrema, assurda eccentricità. Bagno desidera costruire una sorta di borgo dei divertimenti, un parco-giochi formato città pieno di giochi, campi sportivi e altre attrazioni, ammirabili da un trenino panoramico. L’antico borgo viene lentamente abbattuto da ruspe e mezzi demolitori. Vengono lasciati intatti solamente una Chiesa, dedicata a San Maurizio e risalente al XIII secolo, la canonica e il cimitero. Le case vengono sostituite da pub, ristoranti, un albergo, costruzioni eccentriche, un castello e una struttura detta “minareto”. I campi da coltivazione diventano da calcio, tennis, golf basket e molto altro. Ciliegina sulla torta un bel Luna-park. “Consonno è il paese più piccolo ma il più bello del mondo” recita un cartello all’interno della città. L’eccentricità non è ancora finita. Il minareto, sopra nominato, è l’attrazione principale, il gioiellino di Bagno. Si tratta di un enorme edificio sormontato da una torre che ricorda quella di una moschea. Il tempio in cui si venera la religione del gioco è pronto. Dentro brillano i suoi santuari di negozi e abitazioni. Al culto del divertimento si aggiunge un altro tempio: una pagoda, detta il Missile Bagno, sul cui tetto si trova un cannone.
Qualcuno definisce Bagno un sognatore, qualcuno un megalomane. La gente visita Consonno, ci si perde per qualche ora, magari un weekend e poi torna alla vita normale.
Il sogno franato
Il grande progetto edificato da questo sacerdote è però destinato a franare, come un castello di carte costruito in mezzo al libeccio. Nonostante sia un esperto del suo settore, Bagno non ha fatto i conti con un fattore ambientale non trascurabile. Le costruzioni, le infrastrutture e i continui movimenti di terra attuati per metterle in piedi hanno intaccato un equilibrio idrogeologico già instabile. Il 1966, pochi anni dopo che Consonno ha visto la luce delle sue giostre, si rivela un anno particolarmente piovoso e il territorio, denaturato, non è più in grado di reggerne il peso. Fango e frane bussano presto alla porta di Consonno, venendo a chiedere un duro risarcimento ai danni di Mario Bagno. L’anno successivo la strada per la città è impraticabile, l’imprenditore pone immediatamente rimedio, ma dieci anni dopo un’altra frana distrugge definitivamente i suoi sogni.
Negli anni ’80 Bagno cerca in tutti i modi di dare nuova vita a quella che è stata spesso definita la sua “città dei balocchi”, ma il posto ormai non interessa più né agli abitanti superstiti né a coloro che prima si regalavano un weekend di svago. La magia si è spenta. Nel 1995 Mario Bagno muore. Consonno è ormai da anni deserta a esclusione di quella casa di riposo voluta dal suo costruttore, destinata a chiudere nell’estate del 2007.
Un velo di abbandono e tetra tristezza avvolge oggi questo paesino, le cui strutture rimaste in piedi presentano facciate invecchiate da rughe di abbandono e graffiti. Oggi Consonno è una città fantasma, perché abbandonata, la strada è stata chiusa alle macchine ma è ancora possibile raggiungere il paese a piedi ma non ogni giorno, non a ogni ora. A Consonno, disabitata, restano pochi fedeli, uniti in un’associazione dal nome gentile, Amici di Consonno.
Fonti e foto: Wikipedia