È cinquantamila chilometri quadrati – circa un sesto più grande dell’Italia – ma sul suo suolo, ampiamente ghiacciato o innevato per la maggior parte dell’anno, vivono meno degli abitanti di Roma.
La Lapponia è bellezza incontaminata, almeno a livello paesaggistico. Quella della penisola scandinava è in realtà una storia recentissima – per lo meno, se confrontata con quella plurimillenaria del continente europeo – di migrazioni, conversioni, invasioni ed esplorazioni.
Per tutto il Medioevo e l’epoca moderna, Norreni e Vichinghi, missionari e Riforma, re e principi si sono alternati al ritmo delle uniche due stagioni delle gelide terre del Nord.
Con le grandi esplorazioni artiche, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quel grande deserto di neve e ghiaccio che è l’estremo Nord del mondo è stato mappato prima nelle cartine geografiche e sfruttato poi per le sue risorse energetiche.
Steppe e sterminati paesaggi dove “regna il buio, non la notte” hanno conosciuto quello che il Vecchio Continente ha chiamato civilizzazione e oscurità della guerra. Sovietici contro finlandesi, alleati dei nazisti che a loro volta invasero la Norvegia, mentre la Svezia svolgeva il doppio gioco: la Scandinavia è stato un teatro poco noto, ma molto intricato della Seconda Guerra Mondiale.
Mentre il mondo moderno si affanna, crea e distrugge, le terre più settentrionali e desertiche della penisola continuano a essere popolate dai loro primi abitatori.
I Sami sono l’unico popolo indigeno ufficialmente riconosciuto nell’Unione europea e la loro cultura è la più antica del Nord Europa, dove vivono da oltre 5.000 anni. Un popolo antico e fiero che però non è riconosciuto come nazione.
Ad oggi si pensa che ne siano rimasti solamente circa 75/80.000, suddivisi in una regione che copre quattro paesi: dalla penisola di Kola in Russia, fino alla Norvegia centrale, includendo anche le regioni più settentrionali della Finlandia e Svezia.
“Mangiano piante, vestono abiti in pelle di animale e dormono per terra. L’unica cosa di cui si fidano sono le lance appuntite. Gli uomini e le donne si seguono e si nutrono della stessa cacciagione”.
Questo è il primo documento conosciuto che parla dei Sami, la prima attestazione ufficiale nel “Germania” di Tacito del 98 a.C. Ben presto, gli antichi documenti ufficiali iniziarono a chiamarli “lapponi”, parola che i finlandesi affibbiano a chi praticava le cosiddette “professioni lapponi”: pesca, caccia e naturalmente l’allevamento di renne.
La parola deriva dallo svedese lapp che significa “toppa”, denominazione che i “sami” – parola dalla stessa radice di zemljia, la “terra” per gli slavi – considerano offensiva. Quello che certamente non disturba questa popolazione antica e fiera è il legame con la renna, un animale non solo simbolico, ma parte integrante della storia dei Sami.
Nell’antichità erano una popolazione prevalentemente nomade, la cui ricerca di territori era costantemente legata a quella delle renne di ampie e verdi praterie. Seguendo il loro peregrinare, i Sami si stabilirono insieme agli animali, piantando le loro tende e insediandosi in quelle zone, dove avrebbero poi allevato il bestiame.
In antichità, le famiglie per distinguere i propri esemplari da quelli degli altri clan, incidevano le orecchie delle loro renne con alcuni simboli. Il forte legame che li unisce alle renne può essere avvertito anche dal loro linguaggio Sami: “mandria” è eallu, molto simile a eallin, “vita”.
Oltre che essere una fonte di cibo eccezionale, le renne sono utilizzate anche per ricavare pellame, pellicce o stivali, e dalle loro corna vengono creati oggetti di vario utilizzo, come coltelli o supporti di vario genere.
L’allevamento delle renne segue un ciclo di vita annuale, scandito dalle otto stagioni del calendario Sami. Nella Lapponia svedese e norvegese è consentito solo ai Sami che si sono iscritti all’associazione degli allevatori e che hanno ottenuto una speciale licenza, che certifica l’origine Sami dell’allevatore e la presenza nella sua famiglia di antenati che hanno svolto questo tipo di attività.
Tutto questo dovrebbe servire a preservare la cultura e questa antica tradizione tramandata di generazione in generazione.
Le renne nella mitologia Sami custodiscono i segreti dell’universo. Secondo una leggenda, il Sole possedeva un branco di renne cosmiche con cui si faceva trainare intorno al mondo su una slitta. All’inizio dell’anno la slitta sarebbe trainata da un orso forte, rendendo il Sole luminoso e potente; ma nel corso dell’anno, l’orso viene rimpiazzato da una renna maschio e poi con una renna femmina, rendendo il Sole più debole fino a svanire completamente durante l’inverno.
Un’altra antica storia di Sami lega le renne a una costellazione nel cielo notturno e narra di un cacciatore con l’arco rivolto verso la renna cosmica in una caccia eterna. Quando la freccia atterrerà e la renna cosmica cadrà, il mondo come lo conosciamo finirà.