Il 1816 è conosciuto come “l’anno senza estate” o, con umorismo anglosassone, “Eighteen Hundred and Froze to Death”. Quell’anno e per i due cicli solari seguenti il mondo fu travolto da un cambiamento climatico senza precedenti: neve rossa a Taranto, gelate di tutti i raccolti, il termometro globale abbassato di 0.4-0.7° C.
Gli occidentali non poterono comprendere cosa fosse successo: l’incomunicabilità dei tempi non gli permise di scoprire che la causa era l’eruzione del vulcano Tambora, il 10 aprile 1815 nell’isola di Sumbawa in Indonesia (ai tempi facente parte delle Indie Tedesche).
Per fare un paragone, l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjöll il 14 aprile 2010 fu un’inezia rispetto ai fatti del 1815. Eppure, la fessurazione e il conseguente scioglimento del ghiacciaio sovrastante oscurarono i cieli nordeuropei per quasi un mese, bloccando le comunicazioni aeree e scatenando il panico tra i viaggiatori.
L’eruzione di Tambora lanciò in aria una colonna di gas e detriti alta 43 chilometri – i morti furono circa 80.000. Il rilascio nell’atmosfera di cenere causò una carestia importantissima in Indonesia e la presenza di acido cloridico in queste nubi alterò le piogge che divennero estremamente acide e colpirono i raccolti tutto il mondo occidentale, dall’Europa al Nord America con distruzione dei campi, carestie e soprattutto emigrazioni: dall’Irlanda all’America, dall’America sempre più a ovest, alla conquista del Far West.
L’effetto Farfalla: dal Tambora a Waterloo
“Un meteorologo fece notare che se le teorie erano corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre”. Questa la prima enunciazione del cosiddetto Effetto Farfalla del matematico e meteorologo Edward Lorenz nel 1963 – un singolo avvenimento è in grado di modificare le sorti di un sistema a lungo termine.
Questa teoria, matematicamente quasi perfetta, può essere giudicata forzata se adattata alle vicissitudini umane. Eppure, l’anomalo maltempo del 1815 condizionò uno degli avvenimenti più importanti della storia europea: la sconfitta di Napoleone a Waterloo.
L’abilissimo condottiero corso aveva elaborato una rapida strategia di attacco attraverso il movimento della sua cavalleria e un utilizzo spregiudicato delle sue bocche da fuoco – le palle di cannone venivano lanciate indirizzandole al terreno, di modo da rimbalzare più volte, aumentandone la pericolosità. Quei giorni di un giugno incredibilmente piovoso resero fangoso il terreno, aldilà di ogni aspettativa dell’imperatore. La cavalleria arrestò la sua avanzata nel terreno fangoso e il tiro a palla francese ebbe uno scarsissimo rendimento, bloccato dal terreno pantanoso.
La battaglia che avrebbe dovuto riportare Napoleone a dominare le sorti europee dopo il suo esilio venne persa in maniera così eclatante da rendere Waterloo sinonimo di una sconfitta definitiva. Se solo Napoleone avesse saputo del vulcano Tambora…
L’anno del Sublime in Natura
Oltre alla sconfitta napoleonica, frugando nella letteratura, sono innumerevoli i diari e i racconti di estati piovose, della piccola glaciazione in Svizzera e incredibili tramonti dai colori opalescenti e straordinari tra il 1815 e il 1818.
I colori della tavolozza artistica di Turner di quegli anni rappresentano un’incredibile testimonianza storica dei fenomeni ottici dovuti al movimento di fini particelle rilasciate nell’aria dal Tambora e trasportate da venti orizzontali.
Inserito nel contesto del Romanticismo tedesco a cavallo tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, quest’incredibile ondata di maltempo può essere stata per i filosofi tedeschi ispiratrice del concetto di Sublime. Per Schopenhauer sublime era il piacere che si prova osservando la potenza dei fenomeni naturali che potrebbe distruggere l’osservatore.
Per Kant invece sublime è il senso di smarrimento che prova l’uomo di fronte alla magnificenza della Natura, smarrimento che riesce a superare in quanto, forte del proprio agire morale, è collocato al di sopra della Natura stessa.
Letteratura e invenzioni: da Frankenstein alla bicicletta
Incredibili furono davvero le scoperte a cui arrivarono diversi uomini nel corso di quegli anni tristi e piovosi.
Costretti in casa nel giugno 1816 nella Villa Diodati sopra il lago di Ginevra, Mary Shelley, il marito Percy, Lord Byron e John William Polidori si sfidarono in una gara a chi scriveva il racconto più spaventoso. Da quei giorni il cui il sole di mezzogiorno pareva più simile a una nebbia spettrale notturna nacquero Frankestein e il primo racconto a cui in seguito Polidori si ispirerà per il personaggio di Dracula, poi reso immortale da Bram Stoker nel 1897.
Le condizioni atmosferiche non condizionarono soltanto la letteratura ma portarono incredibili difficoltà nella popolazione. Le carestie in Cina, Europa e America, le epidemie di colera che si diffusero in India portarono gli uomini a sviluppare nuove soluzioni a questi drammatici eventi – come sempre, dalle difficoltà emergono le potenzialità.
Justus Liebig nato a Darmsstadt in Germania aveva solo 13 anni nel 1816 e la fame che patì da piccolo nell’anno senza estate lo spinse a studiare chimica e in particolare a trovare una soluzione alle carestie. Ricordato come il padre dei fertilizzanti fu il primo a ricercare metodi per arricchire il terreno e renderlo più produttivo attraverso l’uso dell’azoto e tracce minerali.
Karl Drais, un nobile tedesco animato da profonde convinzioni democratiche, fu uno di quei personaggi del tempo il cui ricordo suscita ammirazione per la sua lungimiranza e creatività. Si definiva un cittadino e un inventore, credeva nelle capacità umane e voleva creare utensili per un’umanità che prendeva finalmente coscienza della propria esistenza, del proprio valore e delle proprie capacità.
Fu così che inventò un tritacarne, un primo estintore, un riflettore a luce solare, una macchina da scrivere a tasti e perfino un sottomarino dotato di periscopio.
In quegli anni, in cui la carestia distruggeva raccolti e affamava animali e uomini, si pose un interrogativo semplice, come spostarsi senza cavalli?
Da un primo rudimentale veicolo a quattro ruote, poi tre e infine due, inventò una proto-bicicletta: la draisina. Incredibile che per millenni, pur avendo la tecnologia necessaria, nessuno pensò di sfruttare le ruote e l’equilibrio per spostarsi più rapidamente – solo il maltempo inusuale di quegli anni vi riuscì.
Il tempo e il maltempo
E se le poesie di Li Yuyang ci raccontano della fame e della sofferenza della popolazione cinese in quegli anni, le scoperte, il fiorire filosofico e artistico ci mostra, in accordo con il Romanticismo tedesco, la nostra capacità di adattarci alla potenza devastatrice della Natura.
In anni in cui il cambiamento climatico è evidente sotto gli occhi di tutti, il tempo atmosferico incide ancora maggiormente sulle nostre vite – bufere di neve, frane e valanghe causate da incredibili precipitazioni.
E, nonostante il continuo ripetersi di eventi straordinariamente aldilà delle nostre capacità, sappiamo di poter intervenire sui fenomeni atmosferici, rendendoci minimamente partecipi dei cambiamenti del tempo.
Ognuno di noi può essere singolo battito di farfalla per preservare il nostro clima e sperare nel beltempo. O quantomeno inventare soluzioni efficaci ai cambiamenti che avverranno.